lunedì 17 ottobre 2011

Adoro i piani ben riusciti traduzione

Sorprendentemente, è una delle chiavi di ricerca più utilizzate per chi giunge sul mio blog.
Chiedere è lecito, rispondere è cortesia.
La frase originale è: "I love it when a plan comes together!"

Immagini stupide

Il mangiatortillas spara per primo.

giovedì 13 ottobre 2011

Clash of the Titans e i peplum in genere



A me il genere cosiddetto peplum piace.
Mi si potrebbe chiedere perché, dato che si tratta di film insulsi e mal recitati, con trame banali che coinvolgono sempre forzuti protagonisti, mostri di cartapesta e fanciulle in discinte vesti, sempre in pericolo.
In primo luogo, mi piacciono proprio perché ci sono i mostri di cartapesta.
Son belli i mostri di cartapesta, sono divertenti da vedere, circondati da guerrieri in improbabili armature scolpite, che agitano sottili quanto inutili lance contro di lui. E, dopo che ne ha divorati una certa quantità, sopraggiunge Ursus, o Ercole o Maciste e gli tira una roccia in testa, facendolo fuori e salvando la bella principessa, che per questo gli giurerà amore eterno.



Di questi film se ne fece una quantità realmente industriale negli anni 60 e segnò la fortuna di tutti quegli attori che potevano vantare una muscolatura erculea e una folta barba (imprescindibile).




E' con queste pellicole in mente che mi sono deciso a dare un'occhiata a Clash of the Titans, il remake del 2010.
E gli elementi del peplum ci sono tutti: ambientazione pseudo mitologica con riferimento principale all'antica Grecia, trama banale, fanciulla da salvare, mostri giganteschi e una quantità di comparse che muoiono divorate da detti mostri e/o schiacciate sotto le macerie della città che crolla (altro elemento amatissimo nei peplum di vecchia gloria).
Mi sono divertito un sacco a guardarlo, nonostante le assurdità e, di quando in quando, i vari dei ex machina che aiutano la sconclusionata storia ad andare avanti.
Notevole la resa degli dei olimpici, così riminiscente dei giochi di luce dell'Excalibur di Boorman (1981).
Se siete appassionati del genere, questo film è consigliato. Altrimenti no, non fa per voi.

mercoledì 12 ottobre 2011

The Hobbit



Allora, premettiamo un paio di cose, giusto per capirci sin da subito: in primo luogo, io sono un fanatico di Tolkien, ma ho odiato i film de "Il Signore degli Anelli" targati Peter Jackson. Secondariamente, ma non per questo meno importante: considero Peter Jackson poco più di un dilettante fortunato, con gravissime lacune per quanto riguarda il senso del ritmo, la capacità di narrare e quella di capire che cosa sia interessante e cosa invece sia una puttanata colossale. Detto questo, gli riconosco una capacità di creare scene di una grandezza visiva davvero notevole e per questo gli si può perdonare una parte dei suoi difetti.
Una parte, ho detto, non tutti. Rimane fondamentalmente un nerd che è riuscito ad approdare al grande schermo per non si sa bene quale combinazione di culo sfondato e santi in paradiso. Con tutti i danni che questa sua qualifica può apportare alle opere a cui mette mano.

Posso prendere due grossi esempi di quanto ho appena detto da un film che mi è piaciuto molto: King Kong.

Esempio numero 1: The Dinosaur Stampede Scene.

Lunga e per niente entusiasmante: non si ha mai l'impressione che la gente sia in pericolo e, per di più, la scena diventa involontariamente comica quando i dinosauri cominciano a rotolare giù per il canalone, ribaltandosi sul corpo di quello morto. Infatti, intelligentemente, il video qui sopra taglia proprio all'inizio di questa ridicola e insulsa parte.

Esempio numero 2: The Human Sacrifice Scene.

E qui si vede tutta l'impressionante capacità visiva di Jackson, che rende questo film degno d'esser visto.

Ma passiamo al motivo per cui odio visceralmente e appassionatamente la sua interpretazione de Il Signore degli Anelli.
Innanzi tutto, per la totale mancanza di rispetto con cui tratta l'opera nel suo complesso, riducendola a nulla di più che un banale susseguirsi di combattimenti e goffi eventi pseudo horror di quarta categoria. Per la maggior parte del tempo sembra più preoccupato a soddisfare le proprie personali idiosincrasie per occuparsi seriamente di fare la trasposizione che deve fare. E non sto parlando di fedeltà biblica all'opera originale, bensì di trattare la storia che hai fra le mani nel giusto modo e tradurla nel differente medium.
Purtroppo, in un'opera del genere, tutti i difetti di Jackson pesano il doppio: taglia scene che non deve tagliare, ne crea di assolutamente inutili, lascia scene che avrebbero dovuto essere eliminate, tradisce la coerenza interna della storia in modi sia sottili che palesi. Dichiara di esser stato fedele alla caratterizzazione "materiale" della magia tolkeniana, ma ci ritroviamo un duello fra maghi degno del più becero Harry Potter, accompagnato da elfi che fanno skateboard sugli scudi e nani usati come macchiette comiche. Nessuno di questi sarebbe un difetto particolarmente grave se, per lo meno, sussistesse una trama solidamente narrata e coerente, ma nemmeno questo: nel terzo film tutto ciò si perde in un guazzabuglio di scene mal collegate, mal narrate, mal gestite, coronate da un finale inutilmente prolisso e stancante (in cui lo stratagemma del finto finale con dissolvenza in nero e musiche in aumento per poi riprendere con un'ulteriore scena viene utilizzato con la stessa eleganza di un principiante al suo primo video amatoriale e ripetuto insistentemente per non meno di cinque volte).

Tutto questo accanimento perché? Perché, come avete potuto vedere dal video iniziale, sta per uscire "Lo Hobbit", film basato sull'omonimo libro di Tolkien, che narra eventi precedenti a "Il Signore degli Anelli" (no, nessuna volontà di prequel negli intenti dell'autore: il libro uscì ben prima del suo celeberrimo seguito).
Inizialmente, questo film doveva essere affidato alle capacità registiche di Guillermo del Toro, il che mi intrigava assai: chissà come sarebbe stato vedere le atmosfere Tolkeniane affidate a mani capaci, invece che a quelle grondanti nutella di Jackson?
Niente da fare: il progetto si trascina troppo a lungo e le continue ingerenze di Jackson sfiancano il buon Guillermo, che sfancula tutti e abbandona il progetto. E in mano a chi finisce il tutto? In quelle pacioccose di Jackson. Il trailer, come avete visto, è una montatura di quel fastidiosissimo vedo-non vedo che, lungi dall'essere accattivante, già maldispone: che cosa avete da nascondere? Se avete fatto un film e volete pubblicizzarlo, mostratemi quello che avete da offrire e promettetemi ancor maggiori meraviglie a patto che io paghi il biglietto.
Tutto questo per dire: sì, io su "Lo Hobbit" partirò estremamente prevenuto e sarò già pronto a smontarlo in ogni sua minima parte.
Abbandonate ogni speranza, voi che entrate.

lunedì 3 ottobre 2011

The Whole Wide World

No, non sto parlando di musica new wave britannica, ma del film che ci racconta la tormentata relazione tra Novalyne Price e Robert E. Howard, una delle più celebri firme del panorama Pulp degli anni '30.
Howard era un personaggio assai particolare: Cross Plains, piccola boom-town del Texas, non è pronta ad accettare socialmente un uomo che vive scrivendo storie in cui si muovono barbari, serpenti giganti e fanciulle seminude. La fantasia era il suo unico mezzo di fuga, materiale ed emotivo, da questo piccolo e costrittivo mondo bigotto che lo isolava e non lo accettava. Intimidito dall'autoritario padre e legato quasi morbosamente alla madre malata, Robert non aveva altra possibilità di fuga se non quella di immergersi totalmente nel suo mondo e più sperimentava il nostro, più sentiva il bisogno di sfuggirne, distaccarsene e dissociarsene.

La locandina del film, che vede coprotagonisti Renée Zellweger e Vincent D'Onofrio

Per capire questa sua necessità, dobbiamo dare uno sguardo a quella che era una boom-town basata sul commercio petrolifero verso il finire degli anni '20, immediatamente prima della storica crisi economica.
La città in forte espansione attira ogni genere di persone in cerca di guadagni: imprenditori privi di scrupoli, onesti lavoratori, commercianti, professionisti. In breve, la campagna si popola di ogni genere di attività tipica della città e si crea una diffusa base di criminalità, a partire dalla prostituzione, passando per truffatori, imbroglioni, ladri...
Questo creò in Howard una forte impressione sulla natura della civiltà umana, al punto da indurlo a ritenerla così negativa da non avere altro rifugio se non il romantico mito del buon selvaggio. E così, le desolate colline di Cross Plains diventarono le montagne di Cimmeria, terra aspra e difficile, persino spietata, ma ancora indomita e pura, dove nasce, su un campo di battaglia, il più emblematico eroe di questo autore: Conan.
Vincent D'Onofrio, che nel film ha il ruolo di protagonista, ci regala un'ottima prova, riuscendo a catturare tutte le sfumature di questo personaggio, senza concedere nulla al patetismo, senza cercare scuse per i numerosi difetti, senza esaltare all'eccesso le qualità.

 La più celebre foto di Robert E. Howard.

Howard era un uomo di grossa corporatura, convinto che l'esercizio fisico fosse fondamentale per il benessere dell'uomo: praticava body-building, si cimentava in incontri clandestini di boxe, nel tentativo di avvicinarsi sempre di più all'ideale del suo eroe tipico. Questa sua fantasia non era priva di una certa vena di follia (giunse a farsi fotografare in posa, armato di pugnale, alla maniera di Conan) e, sebbene il film non si concentri su questo particolare aspetto, D'Onofrio riesce a far trasparire ottimamente questa tendenza, questo spasmodico desiderio di Howard di essere come i suoi eroi e poter risolvere i problemi concreti della vita con la forza dei propri muscoli e una robusta lama d'acciaio.


E' la sua descrizione del personaggio di Conan a rivelarci questa sua nascosta pulsione: "Conan! Conan is the damnedest bastard that ever was. [...] Born on the battlefield. To him, combat is a way of life. It's all he's ever known, all he WANTS to know! He's no soldier who was taught to fight: to him, fighting is instinct [...] And, believe me, he doesn't take it from nobody: he'll fight man, beast, demon or god." ("Conan! Conan è il peggior bastardo che ci sia mai stato. [...] Nasce su un campo di battaglia. Per lui la lotta è uno stile di vita. E' tutto ciò che conosce, ed è tutto ciò che VUOLE conoscere! Non è un soldato a cui sia stato insegnato come combattere: per lui, il combattimento è istinto [...] E, puoi credermi, non si fa mettere i piedi addosso da nessuno: combatte contro uomo, bestia, demone o dio").

D'Onofrio, durante il monologo sopra citato.

Difficile essere più espliciti di così. Questo febbrile monologo, nel film, ci rivela tutto ciò che è il personaggio di Howard e il motivo per cui scriveva così intensamente.
Conan è il rifugio della mente di Howard dalle difficoltà della vita. Lui stesso affermò di aver riunito in quel personaggio i caratteri dei più spregiudicati avventurieri che gli era capitato di conoscere a Cross Plains. I difetti di Conan sono quelli abbietti alla società: è un beone crapulone, che non esita a far bisboccia, allo stesso modo in cui è pronto a rispondere agli insulti con una vigorosa coltellata, in compenso è un animo libero, impossibile da imprigionare a lungo, capace di spezzare le catene con la semplice forza dei suoi muscoli. Nessun avversario gli è pari: né guerrieri, né maghi, né dei. Qualunque difficoltà della vita, Conan la affronta e la sconfigge.
Howard, nonostante il suo desiderio di emulazione, si rivelò incapace di altrettanto: alla morte della madre, disperato, pose fine alla propria vita, lasciando poche parole che concludono anche la pellicola:

All fled, all done,
So lift me on the pyre;
The feast is over
The lamp expire

Tutto è sfuggito, tutto è compiuto,
Issatemi sulla pira funebre;
Il banchetto è finito
La Spegnete la lampada si consuma

Film decisamente promosso e consigliato, anche se nono siete appassionati del Cimmero.
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