martedì 25 settembre 2012

About Failure

Tempo fa mi è capitato di parlare con Davide, come spesso facciamo, di serie TV. E salta fuori il discorso di Nathan Fillion, un attore fra i più capaci, nell'ambito televisivo.
E' uno di quegli attori di cui basta la presenza a farmi interessare a un telefilm.
E infatti seguo Castle, giallo seriale abbastanza carino e ben scritto, anche se spesso prevedibile, come è un po'il caso della maggior parte dei gialli TV.
Quello che mi piace della serie, oltre a Fillion, che è un vero mattatore, è che il fatto di avere uno scrittore di gialli che si metta a indagare viene effettivamente sfruttato, non è solo un particolare fuori luogo.

I miei episodi preferiti sono infatti quelli in cui Castle indaga sui crimini vedendoli come trame da analizzare e decostruire: la sua capacità di creare colpi di scena, di dover conoscere la natura umana, lo porta a notare cose che gli agenti non noterebbero mai.
Capita, saltuariamente, che gli facciano avere un colpo d'occhio migliore, o che gli facciano dire qualcosa che gli agenti potrebbero e dovrebbero già conoscere per conto loro, ma la maggior parte delle volte, trova gli indizi immaginando la "trama" dietro all'omicidio.
Spesso Castle parla di come sia fare lo scrittore, dei processi mentali coinvolti, dei sacrifici che tocca fare.

Il terzo episodio della quarta stagione, andato in onda qualche giorno fa (qui in Italia), ha avuto un momento che mi ha particolarmente colpito. Castle, parlando con la figlia, appena rifiutata dal college dei suoi sogni, le spiega di tutte le volte che anche lui, come scrittore, è stato rifiutato. Sì, persino lui, scrittore di successo e ormai ricco, si è sentito rispondere "no", molte volte.

Purtroppo, il video della scena in questione è stato rimosso, ma vi copincollo il brevissimo dialogo:

Alexis: How do you do it, dad?
Castle: Do what?
Alexis: Well... that letter that you have framed in your office.
Castle: My first manuscript rejection.
Alexis: Yeah. How can you stand having it there?
Castle: Because it drives me. And I got twenty more of those… That letter... That letter reminds me of what I’ve overcome. Rejection isn’t failure.
Alexis: Sure feels like failure.
Castle: No, failure’s giving up. Everybody gets rejected. It’s how you handle it that determines where you’ll end up.

Traduco:

Alexis: Come fai, papà?
Castle: Faccio cosa?
Alexis: Ecco... Quella lettera che tieni incorniciata nel tuo studio.
Castle: Il rifiuto del mio primo manoscritto.
Alexis: Sì. Come fai a sopportare di averlo lì?
Castle: Perché mi sprona. E ne ho ricevuti altri venti di quelli… Quella lettera... Quella lettera mi ricorda ciò che ho superato. Il rifiuto non è un fallimento.
Alexis: Di certo sembra un fallimento.
Castle: No, il fallimento è rinunciare. Tutti veniamo rifiutati. E' come lo gestisci a determinare dove finirai.

Mi ha colpito, questo breve scambio di battute, perché è vero in qualunque ambito, ma soprattutto per un autore.

Fun fact di cui non frega niente a nessuno: il nome di questo scanzonato personaggio, che spesso fa il cretino, è stato creato perché, il diminutivo, Rick (da Richard) Castle, in inglese suona come "Rick asshole", che vuoldire appunto "Rick il cretino".

1 commento:

Mario De Roma ha detto...

bellone il discorso sui rifiuti

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