giovedì 28 novembre 2013

Happy Thanksgiving, America!

28 Novembre, Giorno del Ringraziamento.
Le conseguenze furono internamenti, massacri, stupri, furti, espropriazione delle terre, distribuzione di coperte infette dal vaiolo, diffusione di bevande alcoliche.

Era una sera gelida. I Padri Pellegrini tremavano, accostati strettamente gli uni agli altri all'interno della grande chiesa di legno in cui tutto il villaggio si era riunito a pregare.
Il cibo era finito da giorni, la legna nuova era umida per le recenti nevicate e l'ultimo ciocco di quella vecchia era stato bruciato due sere prima.
Elias, canuto e venerabile, pregava ferventemente per tutta la sua congrega: Oh, Signore Onnipotente, senza un miracolo, i tuoi figli moriranno di fame e di freddo in questa Terra Promessa!
Sentì lo stomaco torcersi dolorosamente, pieno di neve masticata da ormai tre giorni.
Qualcuno tossì, in fondo. Un tosse cavernosa, cattiva. Persino all'interno dell'edificio, attorno alle bocche dei presenti si addensavano nuvolette di vapore bianco.
D'un tratto, la moglie di Jedediah Smith cacciò un urlo, terrorizzata, puntando l'indice tremebondo e violaceo fuori dalla finestra.
Nella notte ammantata di neve, le ombre di alcuni uomini si muovevano silenziose attraverso la densa bruma, grigie immagini silenziose come fantasmi.
Elias guidò la sua congrega all'esterno, come era suo dovere fare.
Nel nome del signore, chi siete voi che venite di notte senza annunciarvi?
Nessuna risposta.
Le sagome si avvicinarono, facendosi più nitide. I nuovi venuti indossavano alti copricapi fatti di piume e portavano qualcosa che, nella foschia, era difficile distinguere bene. Sembrava un grosso carico.
Possibile che... Elias era esitante, nell'immaginare la risposta alle sue preghiere. Sono solo stupidi selvaggi senzadio, eppure... Ci portano cibo? Vengono a salvarci?

Il capo dei selvaggi si fece avanti e mostrò ciò che portava.
Non era cibo.
Non era legna.

Era un M-60 con il colpo in canna.

Payback is a bitch!

martedì 19 novembre 2013

Man of Steel

Ovvero, Goyer, Nolan e Snyder assieme sono la peggior cosa che potesse capitare a Superman.
Onestamente, mi ero fatto tutta una lista di cose da tener presente circa il film, ma, alla fine dei conti, le ha già dette tutte lui, quindi cercherò di evitare di ripeterle.
In summa, Nolan e Goyer se ne escono fuori con una storia priva di senso, stupida e noiosa, lasciandola poi condire dall'inspienza delle immagini confuse e plasticose di Snyder.

Supes ha saputo che vogliono fare il seguito.
E' giustamente incazzato.
"Mo v'emparo io farmi fare 'ste figure di merda..."

Però, in tutto questo, ho due domande.
1) Come cavolo faccio a considerare il Generale Zod come una minaccia, quando il papà di Superman lo pesta al minuto 3 di film, senza poteri, senza addestramento e senza nemmeno fare un po' di fatica? Per non parlare del fatto che Zod scompare subito dopo e per un'intera ora di film non lo vediamo più. Quando ricompare, devo sforzarmi a ricordare chi minchia sia.

2) Ma Superman che uccide Zod per salvare la famiglia in pericolo, non è che mi giustifica tutto quello che ha fatto Zod fino a quel momento e tradisce l'essenza più basilare del personaggio di Superman?
Ferma un attimo, questa la so: sì.

Poi si può sorvolare su una trama noiosa e frammentaria dell'ennesima origin story. Si può quasi perdonare una Lois Lane che compare ovunque, senza giustificazione, anche se poco prima stava letteralmente dall'altra parte della città. Si può anche sorridere all'astronave kryptoniana che in realtà sembra un polpino di quelli buffi con gli occhioni tondosi che disegnano in Giappone. Si può far finta di dimenticare tutti i ridicoli simboli fallici che costellano ogni ambiente cryptoniano.
Però, alla fine ti ritrovi con un film senza un cattivo credibile e con il protagonista che alla fine tradisce sé stesso e tutto quello che ha significato per 75 anni.

mercoledì 13 novembre 2013

Balla, Bertuccia! Balla!

Avviso subito. Sto per parlare di nuovo dell'importanza di farsi pagare. E lo farò incazzato.
Sì, lo so, parlo sempre di questo, pigio sempre lo stesso stramaledetto tasto.
Ma è importante per tutti capire quanto questo punto sia fondamentale e, nel mio piccolo, con le mie dieci visite nei giorni in cui si muove tanta roba, voglio parlarne.
Per qualunque altro lavoro, essere pagati non è nemmeno da mettersi in discussione. Saltasse uno stipendio (anzi, quando saltano gli stipendi) finisce giustamente (è bene sottolinearlo) a schifìo.
Nel campo artistico (e, più particolarmente, per quanto mi riguarda, quello editoriale) esistono i gonzi... No, lasciatemi riformulare. Esistono i coglioni che accettano di lavorare non pagati.
Ovviamente, ne consegue che gli avvoltoi, i mangiacarogne e i profittatori sono ben grassi e pasciuti, perché loro guadagnano e, se avanza qualche briciola, nei casi in cui va bene, allora qualcuna la lanciano anche all'autore, che ha dato loro il ricco pasto.
Ma pochissimi si lamentano, mentre tanti accettano di non essere remunerati, o di farsi pagare in noccioline.
Chiariamo bene una cosa: non siamo fottute scimmie da circo che ballano per due cazzo di pistacchi e una banana.

C'erano tante scimmiette divertenti, in giro per la rete.
Ma qui non c'è nulla di divertente.
Se pubblichi senza farti pagare, sei una triste scimmia incatenata. E magari non te ne rendi nemmeno conto.


Siamo LAVORATORI. Se ci propongono di lavorare senza compenso, si va da un'altra parte.
"Eh, ma in Italia gli editori che pagano sono pochi!"
Lamentela del cazzo. Sono pochi? Vai da quei pochi. Non ci puoi/vuoi andare? Trovati dell'altro. Fai il cameriere, lo chaffeur, lo sturacessi, ma perdio, fatti pagare per il lavoro che svolgi.
"Sì, ma alcuni editori non è che siano disonesti. Proprio non ce la fanno, sono sull'orlo del fallimento."
Mi dispiace umanamente per loro, sinceramente e dal profondo del cuore: il fatto che l'editoria sia un campo svalutatissimo è un problema enorme e penoso. Ma qui si tratta di denaro e che l'editore in questione non  voglia o non possa pagarmi è soltanto una differenza accademica: alla fine della fiera, quello di cui ho bisogno per andare avanti è avere il mio compenso in tasca. Punto. Ogni altra considerazione è puramente accessoria. Non vuoi pagarmi? Tanti saluti e a mai più rivederci. Non puoi perché stai con l'acqua alla gola? Mi dispiace perché sei un bravo cristo, ma sono costretto a rivolgermi da un'altra parte. Risentiamoci quando sarai messo meglio.
E' brutto da dire, ma queste sono le regole del gioco.

Parlo spessissimo (io, che non sono nessuno) con persone che si dicono aspiranti autori. Alcuni di loro, con i quali ho avuto anche scambi interessanti, sono davvero intenzionati a capire se c'è spazio lavorativo. Altri, invece, non sono interessati ad altro che a vedere il loro lavoro su un qualche scaffale.
In questa foga della pubblicazione, si perde di vista tutto quello che è importante. Si accetta di lavorare gratis, di pubblicare su siti "free" (che in realtà fanno soldi sul tuo lavoro semplicemente grazie ai contatti ottenuti da quelli che vengono a leggere il tuo racconto, romanzo a puntate o salcazzo), si accetta perfino di pagare per pubblicare. Non ci si ferma a considerare che, in realtà, c'è chi sta ingrassando sul nostro lavoro senza riconoscerci un centesimo di quello che ci deve.

Ma non è tutto. Se tu lavori gratis, non danneggi solo te stesso, nel qual caso, allora chi se ne frega, la vita è tua. Danneggi tutti quelli che invece sono professionisti e artisti seri, che si dedicano anima e corpo a questo mestiere, che è soprattutto una passione e che si trovano a fare i conti con una concorrenza che non offre professionalità, ma prezzi stracciati (anzi, qui parliamo di costo zero).
A te, che fingi di essere un professionista, auguro di renderti conto di essere in realtà solo una scimmietta che fa le capriole per il divertimento altrui. Mentre a te, lurido profittatore, auguro semplicemente la fine di Elvis.
Solo e sul cesso.

Thank you! Thank you very much!
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