martedì 20 gennaio 2015

[Uomini di Carta] - Conan il Barbaro

R.E. Howard (ne abbiamo parlato, in un certo qual modo, qui) entrò con prepotenza sulla scena dei racconti pulp a cavallo degli anni '30, con personaggi quali Solomon Kane, guerriero puritano, avventuriero e cacciatore di demoni e uomini malvagi, Steve Costigan il marinaio giramondo, spesso squattrinato, pugile imbattibile, oppure Kull, re barbarico di Valusia, vissuto ai tempi di Atlantide.
Ma il suo personaggio più riuscito e famoso è Conan, protagonista di una ventina di racconti e di un romanzo, quasi tutti apparsi sulle pagine di Weird Tales fra il 1932 e il 1936, anno della morte per suicidio dell'autore.

Conan, in una delle illustrazioni più famose di Frazetta (dal racconto The Scarlet Citadel, 1933; l'illustrazione è del 1967, per la raccolta Conan the Usurper).

Conan, abbiamo detto, è il suo personaggio più riuscito, al punto da diventare icona imprescindibile di un certo genere di narrativa Fantasy: il cosiddetto 'sword & sorcery'. Conan genera una sfilza incredibile di cloni, imitazioni, derivati, discendenti, parodie, e affini. La vita letteraria del personaggio non si ferma assieme a quella del suo creatore, ma prosegue grazie alla penna di numerosi "eredi", a partire da L. Sprague De Camp, che era quasi coetaneo di Howard, fino ad arrivare a Robert Jordan (autore della colossale The Wheel of Time). Ma il barbaro non si ferma qui: è inarrestabile.
A lui sono dedicate numerose collane a fumetti (cui abbiamo dato una troppo rapida e incompleta scorsa qui) sin dal 1952, con l'adattamento messicano del racconto originale The Queen of the Black Coast e poi con l'assai più noto Conan the Barbarian (Marvel, 1970, Thomas-Smith), che ha generato numerose serie successive, tra cui la recente collana, tutt'ora in corso d'opera, edita dalla Dark Horse Comics.
Ci fermiamo qui? Ovviamente no. Conan vede tre adattamenti cinematografici e mezzo: il primo è, appunto, Conan the Barbarian (1982, regia di John Milius), che consacra Arnold Schwarzenegger come astro nascente nel panorama dell'Olimpo Hollywoodiano. Il secondo è Conan the Destroyer (1984, Fleischer alla regia, avendo Milius abbandonato il progetto).
Nel 1985, viene partorito il "mezzo" in questo nostro conteggio, il figlio bastardo non riconosciuto: Red Sonja. In questo film, basato sulla versione fantasy di un altro personaggi di Howard (sebbene lui la avesse pensata per un'ambientazione settecentesca), compare un personaggio, interpretato da Arnold Schwarzenegger, che è Conan in tutto e per tutto, tranne che nel nome, cambiato all'ultimo per non ricordo quale bega burocratica. Lo conteggiamo come "mezzo" per questo motivo. E, ovviamente, anche perché il film è una porcheria immonda, disconosciuta da Schwarzenegger e più o meno da chiunque lo abbia visto.
Nel 2011, infine, arriva il terzo adattamento, sia pur dimenticabile, per il quale è Jason Momoa a prestare l'abbronzato sembiante al gigante cimmero.

Tutto questo passando per Conan: The Adventurer (serie animata degli anni '90) e Conan, la serie TV, per diversi videogiochi e per innumerevoli cloni, tradotti in ogni media concepibile all'uomo.

Questo enorme successo deriva dalla forza espressiva del personaggio e qui, perdonate la lunga introduzione, giungiamo al punto in questione.

Se ricordate, questa "rubrica" (se vogliamo chiamarla così, senza voler far torto alle rubriche in generale) si basa su tre ipotetici lettori.
Il primo, è quello che liquida il genere Fantasy come materiale da operetta.
Ai suoi occhi, i racconti di Howard sono roba di scarsa qualità: ingenui, ripetitivi, scritti con prosa altalenante e le donne sempre bellissime, sempre in discinte vesti e sempre pronte a gettarsi fra le braccia di Conan. E sempre bisognose di essere salvate, non dimentichiamolo; punto, questo, che potrebbe venir contestato se pensiamo a numerose delle donne di Conan che, tutt'altro che damigelle indifese, sanno invece badare molto bene a sé stesse; pensiamo a Valeria, piratessa indomabile, che, sì, alla fine viene soccorsa da Conan, ma nel frattempo ha dimostrato di saper badare a sé stessa, ammazzando qualche dozzina di assassini degenerati.
Oppure, pensiamo a Belit, regina dei pirati kushiti (praticamente, una tribù di Zulu messi a bordo di un veliero quattrocentesco, a zonzo per coste che somigliano alla Grecia antica, ma anche all'Egitto, ma anche alle giungle fluviali sulle rive dell'Africa Nera): lei non ha bisogno di essere soccorsa da nessuno, è al comando di una ciurma di guerrieri selvaggi che le sono fedelissimi e conquista il cuore del Cimmero, più che abbandonarsi a lui.
E se vogliamo completare questo quadro (ricordiamo che nel periodo in cui questi personaggi vennero scritti ci si scandalizzava ancora se per caso una donna avesse voluto indossare i pantaloni invece della gonna), c'è Zenobia, che è addirittura lei a soccorrere Conan in un momento in cui è prigioniero in preda ai suoi nemici. Stiamo parlando di una visione dannatamente progressista, per l'epoca in cui è contestualizzata.

Conan e la piratessa Valeria alla degenerata corte di Tascela e Olmec.
Illustrazione apparsa su Weird Tales in occasione della pubblicazione del racconto Red Nails (1936).

Ma andiamo avanti. Il nostro secondo lettore è quello un po' più colto, che apprezza, sì, la prosa immediata ed efficace delle scene d'azione, la visceralità del personaggio e il suo realismo concreto, ma si tratta, tutto sommato, di rappresentazioni immaginarie di ciò che Howard avrebbe desiderato per sé stesso. Siamo al livello di masturbazione mentale.
Ed è in parte innegabile che Conan, come Solomon Kane, come Kull, come Costigan, o Esau Cairn (quest'ultimo, protagonista del romanzo breve Almuric, in particolar modo *) siano in realtà ciò che Howard ammirava e rappresentino l'ideale a cui puntava.
Il giovane Robert, infatti, aveva una cura estrema del proprio fisico. Praticava boxe in incontri clandestini. Si faceva fotografare a petto nudo, in posa da combattimento con coltello e pistola in pugno. Sì, è vero. Robert E. Howard sognava di essere Conan.
Non è un mistero.

Sì, sei uguale a Conan, ma ora metti giù quella roba, prima che qualcuno si faccia male.

Ma a entrambi i nostri lettori, quello più acuto e quello che invece lo è in minor misura, sfugge un particolare, il nocciolo che contiene il vero valore del personaggio di Conan: tutto, nei racconti del barbaro, è, alla fine dei conti, una rappresentazione di come Howard vedesse il mondo attorno a lui.
E qual era questo mondo?
Le boom-town texane degli anni '30, città che sorgevano nel giro di pochi giorni per essere popolate da operai richiamati dalle attività per l'estrazione petrolifera. Disoccupati reduci dalla recente crisi, avventurieri, bari, delinquenti di ogni tipo costituivano il sottomondo di queste città e i soprusi della polizia erano all'ordine del giorno. La società, poi, imponeva restrizioni di cui Howard risentiva moltissimo e dalle quali desiderava ardentemente liberarsi.
Quella che gli viene messa davanti agli occhi è dunque un'immagine tutt'altro che lusinghiera della civiltà umana: un luogo dove il denaro conta più delle persone, dove i valori etici vengono calpestati, dove la giustizia è in realtà quella del prepotente più grosso.
E Howard inventa Conan, che è il prepotente più grosso di tutti, per combattere queste ingiustizie, per prevalere sull'iniquità della "civiltà" umana grazie a valori morali e capacità fisiche che, nell'uomo barbarico sono più pure e non corrotte.

Conan è infatti un miscuglio di persone e idee per le quali Howard nutriva ammirazione. In Conan ci sono la purezza e la libertà dei nativi americani, la forza delle bestie selvatiche, la mancanza di rispetto per le regole civili di tutti i bricconi e gli avventurieri con cui Howard intratteneva discussioni, intervistandoli con insistenza quasi maniacale. Ma, soprattutto, Conan è la rivalsa di un'onestà primordiale nei confronti di una società che, invece di proteggere i suoi appartenenti, li opprime e li indebolisce: per questo, nei racconti del Cimmero, gli uomini e le donne civilizzati hanno sempre la peggio, sono visti come deboli, ottusi, indifesi.

In definitiva, questi racconti un po' ingenui rappresentano un'efficace e spietata critica della società ai tempi di Howard e, per certi versi, conservano la loro validità ancora oggi.

* Almuric è un romanzo breve in cui Esau Cairn, il protagonista, è un giovane ragazzone americano, particolarmente forzuto, che uccide accidentalmente un poliziotto che lo stava angherizzando. Costretto alla fuga, viene aiutato da uno scienziato che, grazie a un misterioso macchinario, lo spedisce sul selvaggio pianeta Almuric, dove vivono solo esseri selvaggi e primordiali, fra i quali Cairn spicca per qualità fisiche, dimostrandosi il guerriero supremo e il salvatore della razza sub-umana che abita il pianeta, nella lotta contro esseri demoniaci e degenerati.
Difficile essere più espliciti di così.

mercoledì 7 gennaio 2015

Il Grido di Charlie Hebdo

Con l'assalto alla redazione di Charlie Hebdo, la data di oggi è entrata a far parte della triste lista a cui ci ha abituati quell'11 Settembre 2001.
Sarebbe facile abbandonarsi alla rabbia e scrivere ciò che penso ora.
Ma farei un errore, perché la soluzione non risiede mai nell'ira del momento.

C'è però una cosa che mi sento in dovere di fare, anzi: c'è una cosa che mi sento in dovere di non fare ed è tacere.

Oggi non avete vinto voi, con i mitra spianati. Oggi hanno vinto le vostre vittime, perché avete dato loro una forza e una voce che prima non avevano. Ne avete fatto dei martiri e il grido che salirà dalle loro tombe sarà più assordante che mai e vi seppellirà fra le rovine della vostra cieca ignoranza.
Non avete vinto e non vincerete mai.
free counters