venerdì 13 febbraio 2015

[Donne di Carta] Le Donne di Conan

Il mese scorso, abbiamo parlato di Conan. Torniamo questa volta sullo stesso argomento, perché, scrivendo quel post, ho cominciato a pensare che potrebbe essere interessante soffermarsi un attimo su un argomento in quell'occasione appena sfiorato, ma, a mio avviso, degno di nota: le donne di Conan, come già avrete intuito dal titolo di oggi.
Considerate pertanto qeste righe come un'appendice del post di Gennaio, un approfondimento, se vogliamo.

Cominciamo facendo per un momento il punto della situazione: per capire in quale contesto agiscano i personaggi femminili di Howard dobbiamo, ovviamente, averne chiare alcune coordinate.
Primi anni '30. La letteratura pulp su riviste come Weird Tales, Horror Stories e Argosy è al suo apice.
Soprattutto per quanto riguarda il genere Sword & Sorcery, l'eroe tipico è l'archetipo del maschio alfa e il ruolo della donna è semplicemente quello di comprimario bisognoso d'aiuto e protezione contro i numerosi pericoli del mondo. In altre parole: tutto rientra perfettamente nella mentalità di un'epoca in cui è l'uomo ad avere il diritto di badare alla casa, mentre è scandaloso se una donna indossa i pantaloni anziché la più appropriata gonna (e teniamo bene a mente questo particolare, perché ci servirà in seguito).
Il concetto di donna-oggetto è qui esasperato alla massima potenza: la donna nei racconti pulp esiste per procurare guai al protagonista o per esaltarne le qualità virili. La terza opzione è fare entrambe le cose contemporaneamente.
Pensiamo a John Carter di Burroughs (1917 l'anno della sua prima comparsa): la principessa Dejah Thoris è l'archetipo della damsell in distress. Bellissima, assai intelligente, altera e orgogliosa, ma, in termini pratici, incapace di opporsi al Male che la minaccia: ha bisogno di John Carter per salvare sé stessa e il pianeta su cui vive.

"Dato che sei una donna, non sei capace di badare a te stessa.
Per tua fortuna, oggi non ho impegni..." [tipica frase di un virile eroe pulp]

Le eroine vere e proprie, come la Jirel di Joiry di Moore devono ancora nascere, anche se il loro arrivo è sempre più prossimo e cambierà non poco la faccia della letteratura Sword & Sorcery. Per il momento, però, siamo in un ambiente ancora largamente a cromosoma XY.

Ed è proprio in questo contesto che si inseriscono le donne di Robert E. Howard. Non che il suo protagonista si discosti molto dall'archetipo vigente: Conan è l'incarnazione dell'anti-eroe pulp. E, dobbiamo dirlo, la maggior parte delle donne di Conan aderisce alla tipologia dominante di "fanciulla bisognosa di protezione".
E, del resto, finiscono tutte per innamorarsi perdutamente del barbaro, per quanto inizialmente resistano alle sue chiassose e ingenue (ma sempre virilmente rudi) anvances.


Nella storia editoriale di Conan, la prima fanciulla ad avere gli onori di un personaggio completo e sviluppato completamente (in senso di arco narrativo) è la regina Yasmela, giovane reggente di un piccolo regno, la cui virtù è minacciata, assieme al suo regno, da un terribile stregone invincibile.
Incapace di reagire, si affida a Conan, che la salverà, ottenendone le grazie.

Come vedete, qui non c'è nulla di nuovo sotto il sole. Siamo nel 1933 e il racconto in questione è Black Colossus. Del resto, è appena la quarta avventura di Conan.

Dell'Aprile successivo (1934), è il racconto Iron Shadows in the Moon, che già ci presenta una variazione, piccola, ma significativa, del personaggio femminile indifeso e inerme. Olivia è una schiava fuggita al serraglio di un crudele padrone che Conan uccide (non per salvare la fanciulla, ma perché avevano conti in sospeso da regolare: nella fattispecie, Conan vendica i suoi compagni uccisi dallo schiavista).
Non avendo dove andare, Olivia si accompagna a Conan e, assieme a lui, approda su un'isola nelle cui giungle si annidano pericoli indicibili, tra cui una scimmia antropofaga e un sito in rovina in cui misteriose statue di ferro si animano con intenti omicidi al brillare della luna (le ombre striscianti del titolo).
I pirati che approdano in cerca di un rifugio sembrano il minore fra i pericoli, ma, ciononostante, riescono a catturare Conan, lasciando Olivia in balia di misteri minacciosi, indifesa.
Ed è qui che le cose si fanno interessanti, in un'inversione di ruoli decisamente strana, per l'epoca: la ragazza si arma di coraggio e, sfidando la sorte, si introduce nell'accampamento dei pirati, riuscendo a liberare Conan prima che le statue di ferro si animino per seminare morte fra gli incauti scorridori del mare.

Un primo, timido tentativo, subito corretto: nel finale, Olivia viene difesa da Conan contro la scimmia antropofaga, in un duello all'ultimo sangue, rapido e brutale come tutti i combattimenti descritti da Howard, che non si perdeva in descrizioni spettacolari, ma rendeva in maniera eccellente la letalità e i frenetici movimenti di un combattimento, come fossero veri.

Nel Maggio del 1934 (fatto interessante: Jiriel of Joiry nascerà nell'Ottobre dello stesso anno) viene pubblicata l'avventura di Conan intitolata The Queen of the Black Coast, durante la quale facciamo la conoscenza di Belit, la regina-pirata del titolo. E qui assistiamo a qualcosa di davvero particolare: Belit è una regina a tutti gli effetti, ma, a differenza della fragile Yasmela, qui ci troviamo di fronte a una donna in pieno controllo del proprio destino, impavida guerriera, sa che cosa vuole e lo prende, senza aspettare che sia l'uomo a portarle l'oggetto dei suoi desideri.
Immediata l'intesa e la scintilla amorosa con il Cimmero, ma, a differenza delle donne che sono finora entrate nella vita di Conan, Belit non accetta passivamente il "selvaggio fuoco" della passione del barbaro (parole di Howard), ma risponde con un fuoco suo. Nelle scorribande compiute assieme, è lei a mantenere il controllo: Conan è il braccio violento, lei la mente.
Nel finale, benché morta, ritorna dall'aldilà per salvare la vita a Conan, in procinto di essere ucciso da un abominio alato.




La figura forte e indipendente di Belit risultava così aliena agli editori di Weird Tales, che nella copertina dedicata a The Queen of the Black Coast, il personaggio appare abbracciato al vigoroso collo di Conan: un'altra fra le centinaia di fanciulle impaurite e incapaci.
Nulla di più lontano da quanto leggeremo nel racconto.


Si tratta in tutto e per tutto di un personaggio femminile indipendente e in pieno controllo del proprio destino, che accetta le conseguenze fatali delle proprie azioni, ma senza alcuna forma di passività, cosa stranissima per l'epoca (anche se, con l'imminente uscita del personaggio di Moore, qualcosa doveva già essere nell'aria).
Non a caso, nel film con Schwarzenegger, numerosi elementi del personaggio di Belit, incluso il ritorno dall'aldilà, verranno ripresi per il personaggio di Valeria (che fa riferimento a un altro personaggio femminile tratto dalle avventure di Conan, di cui parleremo tra breve).

Finora abbiamo parlato di personaggi positivi. Howard ce ne procura anche di negativi, capaci di sottomettere uomini altrimenti invincibili: è il caso di Tascela, strega-regina della perversa città di Xuchotl, dove è in atto una faida fratricida. Non è infatti il re-guerriero ad avere il dominio sulla città, ma la strega, capace di sopraffare fisicamente anche un uomo dalla forza bruta quale è il selvaggio e perverso re Olmec. Siamo di fronte a un vero e proprio caso di castrazione della figura maschile dominante.

Siamo nel 1936 e il racconto è Red Nails, pubblicato postumo in Ottobre, dopo la morte di Howard a Giugno. Ed è qui che conosciamo il personaggio di Valeria della Confraternita Rossa, guerriera indomita e invincibile, seconda solo a Conan e, per necessità narrative, ai due sovrani della città condannata. Valeria cinge una spada, è facile all'ira e non si concede facilmente a Conan (anzi, è sul punto di sventrarlo, quando lui si fa troppo audace con le proprie attenzioni). Non è vestita come la tipica donna presente nelle avventure del barbaro, vale a dire con un perizoma e tanta aria (persino Belit ricadeva in questo stereotipo), ma indossa una casacca da marinaio, stivali e, cosa inaudita, pantaloni da uomo. Questo a noi può sembrare cosa da poco, ma immaginiamo quale effetto possa aver avuto in un'epoca in cui il pantalone era appannaggio esclusivo dell'uomo e significativo del suo status di "bread winner" all'interno della famiglia. Oggi, siamo abituati a figure femminili in controllo e il pantalone ha superato in uso la più tradizionale gonna, per certi versi vetusta o, al meglio, indumento usato per vezzo ed eleganza.
Fisicamente superiore a quasi tutti gli uomini che incontra, persino Howard si sentì in obbligo di ricordarci esplicitamente che Valeria è una donna e una donna bellissima, per di più. Probabilmente, agli occhi del lettore dell'epoca, così tanti attributi "maschili" presupponevano come minimo una barba dei tre giorni, non certo lo statuario fisico di una modella svedese.
Nel finale, Conan deve salvarla da una morte orribile, ma, a rammentarci che tutto è fuorché una fanciulla indifesa, Valeria in persona si vendica della sua catturatrice, pugnalandola a morte prima che questa riesca a uccidere Conan, a tradimento, in un momento di vulnerabilità successivo a uno scontro mortale.

Al giorno d'oggi, per fortuna, persino questi personaggi, che all'epoca erano fortemente indipendenti, oggi rappresentano, tutt'al più, il minimo sindacale per un personaggio femminile che si rispetti.
Ma, se siamo arrivati a questo punto, lungo un percorso evolutivo durato quasi un secolo, lo dobbiamo anche a queste prime proto-eroine, forse non sempre del tutto indipendenti, ma già lontane dall'esempio di graziosa palla al piede che, seminuda, poteva solo concedersi felice all'eroe di turno, dopo esser stata salvata.
Niente male, per un vigoroso giovanotto cresciuto nel Texas rigido e conservatore.

martedì 10 febbraio 2015

Spider-Man fa il Reboot! (di nuovo...)

Nel palindromo 2002, c'era lo Spider-Man di Raimi, in cui l'adorkable Tobey Maguire liquidava con un "Boh" e una scrollata di spalle l'impossibile trasformazione, nel corso di una notte di sonno allucinato, da nerd secco e miope, a giuovine atletico, muscoloso e scattante.
Scena che è citata sulla Treccani alla voce "sceneggiatori pigri".
Questo film, che emergeva agli albori della smodata passione di Hollywood per i supereroi, faceva il suo dovere nel raccontare le origini dell'arrampicamuri a un pubblico che, fondamentalmente sapeva chi fosse solo perché Max Pezzali l'aveva nominato negli anni '90.

Immagine presa dall'articolo di riferimento.

E ci siamo tutti commossi di fronte al cadavere di Zio Ben. "Da grandi poteri, derivano grandi responsabilità", fino ad allora oscura citazione nerd riservata ai conoscitori di fumetti, è diventata una massima così famosa da divorare sé stessa, tramutandosi in un meme internettiano.

Il sapere dell'elettricista.


Dieci anni dopo, la Sony ci presenta il reboot del personaggio: nuova origin-story. No, scherzo: sempre la stessa. Ben muore. La frase è sempre quella.

Oggi, viene annunciata la tanto sospirata alleanza fra la Sony e i Marvel Studios: Spidey torna a casa e lo fa... CON UN'ALTRA STRACAZZO DI ORIGIN STORY!
Basta, ormai lo sanno anche i muri come nasce Spider-Man.
E basta in generale con le origin story dei supereroi... Tanto sono tutte uguali: persona cara morta, desiderio di giustizia. Persona cara morta, desiderio di vendetta. Persona cara morta, desiderio di avventura. Persona cara morta... Vabbe', avete capito, no? Schioppa sempre qualcuno.

Di questo passo, a diventare un meme internettiano sarà zio Ben moribondo.

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