giovedì 29 settembre 2016

Ma i cazzotti... sono veri o finti?

Olà! Torno ad aggiornare il blog, dopo una lunga pausa estiva. Tuffiamoci subito nel mezzo di alcune scazzottate, tanto per cambiare.



Di questa scena, tratta dalla prima stagione di Daredevil, amo tutto. Dalle coreografie estremamente pesanti, alla luce, al sound, fino ad arrivare alla narrativa.
L'ambiente è semplice e lineare: siamo in un corridoio. Le stanze adiacenti è come se non esistessero, perché non le vediamo mai davvero: tutto quello che accade al loro interno è fuori camera, accade lontano dai nostri occhi. Siamo di fronte a una scena senza fronzoli. Letteralmente.
In una scena d'azione, solitamente uno spazio ampio è sinonimo di movimento e dinamismo. Le coreografie sono più complesse e spettacolari, al punto da diventare, in casi estremi, decorazioni barocche autocompiaciute (e non è detto che sia un male, a seconda del contesto).



Prendiamo, come esempio di quanto detto, una delle scene migliori di Matrix: la sparatoria nell'androne del grattacielo.  Abbiamo un ambiente ampio, sia pur essenziale, in cui è possibile effettuare tutte le coreografie acrobatiche e dinamiche per cui il film è diventato giustamente famoso. Ogni dettaglio dell'ambiente e di come esso reagisce alle azioni dei personaggi è funzionale al tipo di narrativa. Prendiamo, per esempio, le colonne dietro cui si riparano Neo e Trinity: i proiettili mangiano il cemento armato con velocità impressionante. Realistico? No, per niente. Ma le colonne non sono lì per reagire in modo realistico ai proiettili: la loro rapida erosione è soltanto un timer. Puoi star fermo al riparo dai proiettili (e quindi tenere ferma la scena) solo per pochi secondi, prima che il fuoco nemico distrugga il tuo riparo. Le colonne servono a tenere la scena in movimento perpetuo: non ci sarà tregua, fintanto che ci saranno nemici da uccidere.
Il risultato è una delle scene d'azione più belle degli ultimi trent'anni di cinema action.

Ma torniamo a Daredevil. Immagine: Fonte


Che cosa ci dice l'ambiente circa la narrativa? Abbiamo una linea retta, semplice, da cui rimangono fuori gli spazi ampi. Non ci sono ripari dietro cui nascondersi, non ci sono direzioni alternative, non ci sono vie d'uscita. C'è un inizio, una fine e tanti nemici nel mezzo. La coreografia è statica, pesante come un'incudine. Vuol dire che è brutta? Nient'affatto: siamo di fronte a una delle più belle scene d'azione per la TV da parecchio tempo a questa parte.
Tutta la scena è costruita per dirci una cosa: non importa quanto siano grandi le difficoltà, o quanti nemici si frappongano fra il nostro eroe e il suo scopo. Matt Murdock è il tipo che non si ferma, è una forza inarrestabile, laddove Kingpin, invulnerabile sia fisicamente che dal punto di vista sociale, è l'oggetto inamovibile. Messi uno sul percorso dell'altro, che cosa succederà?

Molti elogiarono le scene d'azione di Daredevil per il loro realismo. Ma qui non siamo di fronte a scene realistiche. Ora dirò una cosa che sembrerà un'eresia, ma seguitemi per un attimo. La rissa nel corridoio non è differente dalle scazzottate "campy" del Batman di Adam West, o delle risse da sorrisi e cazzotti di Bud Spencer e Terence Hill. Mancano solo i suoni buffi e le scritte, si obbedisce a tempi narrativi drammatici più che comici, ma, alla fine, siamo sempre di fronte a scene che non rispettano le leggi del realismo.

La scena della rissa nel corridoio, in Daredevil, è tutto fuorché realistica. Manca il sangue. Abbiamo un mafioso russo che si prende il case di un pc in testa e si rialza letteralmente meno di dieci secondi dopo per continuare a prendere cazzotti in faccia. Matt Murdock è già ferito, è precipitato dal tetto di un palazzo poche ore prima, ma continua a picchiare, persino dopo aver preso cazzotti nelle costole. Se questo è realismo, è lo stesso realismo che troviamo in una scena d'azione di Jackie Chan, senza le coreografie spettacolari. Potremmo fare una digressione su come Jackie Chan usi l'ambiente per trasmettere una forza esplosiva che non ubbidisce alle leggi, proprio sfruttando spazi ristretti per acrobazie spettacolari per cui servirebbero stanze più ampie, ma per ora lasceremo perdere e rinvieremo a un'altra occasione, perché mi voglio avviare verso la conclusione di questo post.

Quindi, no: Daredevil non ha scene d'azione realistiche. Eppure, rimangono piccoli gioielli d'azione, in cui il livello di realismo è funzionale alla narrativa. Siamo, sì, in un ambiente brutale e vivido, che non fa sconti a nessuno, ma il mondo ubbidisce pur sempre alle leggi del genere action. La grande abilità di chi ha lavorato a questa scena (dagli autori fino al regista, passando per i cameramen e i tecnici nella saletta di montaggio) è nel capire il contesto narrativo in cui si muovono i personaggi e sfruttarlo a proprio vantaggio per trasmettere la storia.



Vogliamo il realismo? Lo troviamo in Sons of Anarchy o, per lo meno, lo troviamo in questa particolare scena. Non significa che le scene d'azione siano necessariamente migliori di quelle di Matrix o di Daredevil. Né peggiori, se è per questo. Semplicemente, ci raccontano qualcosa di diverso.
E, anche qui, l'ambiente è funzionale alla narrativa: spoglio, ma ampio. Brutale e senza vie d'uscita. Otto è in carcere, con guardie letteralmente a pochi metri di distanza, ma è come se fosse disperso nel deserto: non ci sarà alcuna cavalleria a salvarlo all'ultimo.

E arriviamo alla conclusione. Perché questo pippone enorme? Perché mi sono trovato a pensare, in questi giorni, al modo in cui l'ambiente non sia solo uno sfondo, spesso interessante, in cui infilare le proprie scene, ma debba anche essere funzionale alla trasmissione della nostra storia, a seconda del contesto narrativo. Abbiamo visto come Matrix usava l'ambiente come uno spazio narrativo dinamico, come Daredevil si serva invece di spazi minimi per trasmetterci l'ostinazione del protagonista e di come Sons of Anarchy usi una stanza ampia e relativamente luminosa per trasmetterci quello che è il tema portante della serie: cioè che, in ultima analisi, siamo soli e dobbiamo guardare la vita in faccia, anche quando ci sta infilando un bastone scheggiato nella cavità orbitale.

Il vero tema principale di Sons of Anarchy: vitadimmerda.


E con questo, che spero sia uno spunto interessante su cui riflettere, sia per chi fa il mio mestiere, sia per chi si trova dall'altro lato delle pagine, vi saluto. Bentornati nei Saloni Senza Eroi, dopo la lunga vacanza! Ci rivediamo presto!
free counters