giovedì 10 novembre 2016

(Non) Basta Volerlo

Vi racconto una storia.
1879. Rorke's Drift, Sud Africa. 150 soldati britannici che presidiano un piccolo avamposto isolato, si trovano ad affrontare un'orda di guerrieri zulu forte di almeno 3000 guerrieri.
Non hanno cannoni, non hanno solide mura di difesa. Il loro è un semplice punto di rifornimento. Gli Zulu, invece, sono parte di un contingente di 20000 uomini che ha appena massacrato 1300 soldati inglesi armati di tutto punto, dopo averli sorpresi in campo aperto. 
Furono dieci ore di combattimento furioso. Accerchiati, i soldati di Sua Maestà non avevano via di fuga e nessun'altra scelta se non combattere fino all'ultimo, contro una forza d'assalto che li soverchiava di 20 a 1. Non avevano speranze, ma combatterono ugualmente, mettendoci tutto ciò che avevano e, al di là di ogni speranza, riuscirono a costringere l'orda a ritirarsi.
Ce l'avevano fatta.
Contro ogni logica, con la sola volontà di non arrendersi, opponendo il valore puro e semplice alla forza bruta e invincibile che avevano davanti.
Si tratta di un fatto storico verificabile. Un film del 1964 racconta molto bene gli avvenimenti della battaglia, pur con qualche libertà narrativa.

Pochi, esausti, soverchiati.
Riescono comunque a vincere.

Una bella storia, in cui la semplice forza di volontà sconfigge una sfida impossibile.
Peccato che non sia così. Per lo meno, non soltanto. Certamente, il rifiuto di arrendersi e la determinazione a combattere fino all'ultimo furono determinanti.
Ma lo furono anche i fucili di ultima generazione, più precisi e capaci di sparare numerosi colpi, così come la competenza degli ufficiali nel disporre le difese e l'addestramento dei soldati, che mantennero la disciplina e seppero far uso ottimale dell'equipaggiamento a loro disposizione.
Gli Zulu, poi, stavano lanciando un attacco non autorizzato e non potevano permettersi troppe perdite. Si ritirarono con 350 morti e 500 feriti. Se avessero continuato, avrebbero indubbiamente vinto, per semplice virtù del loro numero, ma le perdite avrebbero pesato sul fragile sistema tribale: sarebbe stata una vittoria di Pirro. Pertanto, dovettero lasciar perdere.
La determinazione degli Inglesi fu fondamentale. Lo furono anche gli strumenti a loro disposizione, così come le circostanze particolari di quell'attacco.
Fu una pagina avvincente della storia britannica e se volete informarvi in merito, potete iniziare qui. Ma perché ve l'ho raccontata?

Perché uno dei mantra più diffusi nella nostra narrativa è quello che ci insegna che con la sola forza di volontà di può ottenere tutto, anche se sei privo di talento, anche se non hai le i mezzi cognitivi necessari, anche se non hai gli strumenti giusti. E questo cliché è entrato a far parte del nostro modo di pensare di tutti i giorni.
Basta volerlo.
Basta lavorare duramente.
Puff! Fatto.

Basta volerlo!

No.

Non funziona così: quella del "basta volerlo abbastanza intensamente" è una balla.

Per ottenere quello che desideri, la determinazione è certamente fondamentale e imprescindibile: tutti i percorsi sono fatti di momenti di crisi, di sconforto, momenti in cui vuoi sederti e mandare tutto al diavolo, momenti in cui tutto è nero e non desideri altro che di lasciar perdere.

Ma non è l'unico fattore.
Serve il talento, la predisposizione naturale: posso avere la ferma volontà di volare, ma non mi spunteranno mai le ali.
Ci vogliono gli strumenti: dovrò procurarmi un deltaplano, un aliante, un elicottero...
Servono le nozioni necessarie a fare ciò che desidero: devo per forza sapere come funziona il mezzo scelto, oppure saranno cazzi acidi al primo distacco da terra.
Serve l'allenamento: duro e costante. Non si impara a volare in cinque minuti.
E ci vogliono le circostanze giuste: diciamo che una violenta grandinata non è la condizione ideale per lanciarmi con il mio bel deltaplano nuovo di zecca. Queste, purtroppo, non dipendono da noi.


Il "basta volerlo" è dannoso.
Si ripercuote nella vita di tutti i giorni in vari modi. Ci sono politici che si fanno alfieri del "basta volerlo", perché è più rassicurante, un modo per risolvere i problemi che non richieda impegno, comprensione e lotte. Malati di cancro che si aggrappano a questo mantra, perché la chemio fa paura e la favola della forza di volontà che sconfigge la malattia è senza dubbio più attraente che non il calvario delle cure mediche.

Lavora, soffri, sanguina.
Potresti comunque fallire.

Ci raccontiamo questa storiella, perché quella della pura e semplice determinazione incrollabile che da sola abbatte tutti gli ostacoli è la favola della strada sicura. Abbiamo paura dello sforzo, del dolore, della sconfitta e pertanto ci circondiamo di illusioni.
Vuoi diventare un cantante famoso? Un giornalista? Un attore? Un autore? Il re dei pirati?
Ti serve la determinazione. Te ne servirà tanta, tantissima: le difficoltà sono tante e i soldi, all'inizio (e dopo, e dopo ancora...), pochi.
Ma ti servirà anche il talento, anche poco, ma un minimo di predisposizione deve esserci.
Ti servono gli strumenti e le conoscenze: ciascuna di queste professioni ha bisogno di preparazione e conoscenze tecniche.
Serve l'allenamento: all'inizio non sarai bravo quanto dopo aver fatto pratica per un anno. E due anni dopo, se avrai praticato con costanza, sarai probabilmente ancora più bravo...
L'impegno, a promuoversi, a creare connessioni utili, a portare avanti il proprio obiettivo.
E servono le circostanze, perché se non conosci le persone giuste, se non becchi il momento giusto, il tanto agognato sogno non si avvererà. E queste possono essere in parte create con l'autopromozione, ma a volte si tratta di fortuna o sfortuna, pura e semplice.
Mandi il soggetto più bello del mondo, ma finisce accidentalmente nel tritarifiuti. Il server di gmail crasha e perde tutti i dati.
Mandi un soggetto sbagliato, che avresti dovuto gettare, ma oh, capita fra le mani di un visionario che ne scorge il potenziale che ti era sfuggito.

J.K. Rowling ha dovuto sostenere un sacco di rifiuti, prima di approdare alla Bloomsberg con Harry Potter. Non si è arresa, ma dietro ha avuto tanto talento e tanta voglia di autopromuoversi, di migliorarsi, di imparare.
Bebe Vio ha vinto un oro olimpico, mostrando una forza di volontà incredibile, ma altrettanto incredibili sono la sua capacità di riuscire a sostenere duri allenamenti, di volersi sempre migliorare, di fare nuove esperienze.
Kurt Yaeger è un ciclista acrobatico. Ha avuto un incidente in moto che lo ha lasciato con una gamba sola, il bacino sfondato, con qualcosa come una ventina di chiodi a tenerlo assieme, la spina dorsale danneggiata. Gli avevano detto che non avrebbe mai più camminato. Ora, non solo è tornato in moto, non solo fa costanti viaggi sulla sua due ruote, in giro per il Canada, gli USA, l'Africa... è anche tornato a fare bici acrobatica. Ha fatto una maratona per beneficienza. Forza di volontà incrollabile? Indubbiamente. Ma anche allenamento, costanza nell'impegnarsi per imparare nuovamente a fare tutto nelle condizioni fisiche cui è costretto. La volontà non cambia il fatto che lui abbia una gamba sola. L'allenamento a muoversi con la protesi, però, riesce a sopperire in gran parte.

Non dobbiamo aver paura del fallimento: la possibilità di non riuscire è insita nell'intraprendere un qualunque percorso. Non facciamoci quindi ingannare da chi ci dice "basta volerlo". No, non basta: il bagaglio verso il successo è fatto di tante altre cose, egualmente importanti. Sì, inclusa la consapevolezza che il successo stesso non è garantito.
Dire che basta la sola forza di volontà è un insulto per quelli che, dopo aver lavorato duramente, dopo aver lottato con le unghie e con i denti, dopo aver dato il meglio, hanno comunque fallito nel loro intento.

Il picco più alto è lì, a portata.
Seguire un sogno con l'unico bagaglio del "basta volerlo" è come mettersi a scalare l'Everest con un paio di scarpe da ginnastica, jeans e maglione. Te ne manca tanta, di roba. Ma tanta.

E lui non ha tentato la scalata dell'Everest armato solo di buona volontà.

mercoledì 2 novembre 2016

Lucca 2016 - Piccole Città in Movimento

Usciti i dati di affluenza per l'edizione 2016 di Lucca Comics & Games, possiamo parlare di ottimi risultati. Festeggiando il cinquantesimo compleanno, la manifestazione arriva a staccare oltre 270000 biglietti, sfondando la soglia del quarto di milione di affluenze paganti, solo sfiorata nell'anno record del 2014.
Domenica si registra il tutto venduto, con 80000 biglietti.






Il poster, realizzato da Zerocalcare.


Qui, la fonte cui ho fatto riferimento per i dati. Le considerazioni più pertinenti alla manifestazione le trovate lì, dunque non mi dilungherò a ripeterle.

Quello che vorrei sottolineare è che Lucca, ormai da anni, è capace di muovere masse di persone pari agli abitanti di tante piccole città. Lucca stessa arriva a mala pena a sfiorare i 90000 abitanti.
I miglioramenti nella gestione della calca (dis)umana che si crea in città durante i giorni del festival ci sono e sono stati sensibilmente efficaci, con vigili urbani e addetti dell'associazione a gestire il traffico nei punti nevralgici, soprattutto quello in entrata e uscita dalle famigerate porte della città.
Quest'anno, il problema è stato un altro, non direttamente legato alla manifestazione e di certo non dipendente dai suoi organizzatori.

Sto parlando di come, a ridosso di una delle più grandi e importanti manifestazioni di tutta Italia (non dico "la più grande", in mancanza di dati certi), la società autostradale abbia deciso di strozzare l'arteria principale che dal nord Italia porta fino a Lucca, in due punti diversi, creando code improponibili, fino ad arrivare al famigerato traffico fermo in autostrada (elencato fra i crimini contro l'umanità, presso il tribunale dell'AIA).






La foto si riferisce a una circostanza non collegata.
Serve solo da esempio di come possano cadere fitti i santi, in autostrada.


Magari, chiedere che la società autostradale si interessi a una manifestazione di fumetti e videogiochi (anche se comincia a diventare una definizione limitativa, vista la crescente multimedialità del festival) può suonare come una pretesa un po' troppo campata per aria, ma parliamo di un evento che, a prescindere dall'argomento, ha mosso un totale di oltre un quarto di milione di persone nello spazio di cinque giorni. E questo senza contare tutti gli ospiti che, tra autori ed espositori, aggiungono sicuramente una bella fetta di persone e carovane in movimento, e i non paganti che sono giunti comunque per vedere lo spettacolo dei cosplayer e sperare di beccare l'autore preferito fuori da uno stand, magari in uno dei pochi, sacrosanti e preziosi momenti in cui se ne sta seduto al bar a prendere un meritato caffé.
Parliamo di un traffico totale equivalente a più di tre volte la normale popolazione della città di Lucca. Direi che tre piccole città in movimento sulle autostrade e le ferrovie d'Italia siano qualcosa di cui la società autostradale dovrebbe tenere conto, che ne dite?
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